SupposteManu sta male!

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  1. PAN23
     
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    Manu stasera è a letto con la febbre. Manu ha bisogno di mettersi una supposta antipiretica, anzi probabilmente anche due o tre. Ma da sola non ci riesce. È piuttosto imbranata. Manu ripensa con malinconia a quando era bambina, e aveva la febbre, e la mamma doveva metterle qualche supposta nel culetto. La faceva mettere su un fianco, le abbassava bene le mutandine e ne inseriva una dentro. Che vergogna che provava... e com'erano dannatamente fastidiose quelle salubri supposte!
    Mia piccola Manu, so bene che la supposta può essere fastidiosa. Molto fastidiosa. Entra dentro, subito ti viene voglia di espellerla, i muscoli del buchetto ti si contraggono. Fai uno sforzo per trattenerla, ma senti che sta per uscire: e sarebbe una liberazione... poi un ditino la risospinge delicatamente dentro. Ancora il fastidio ricomincia con più intensità, ti fa tremare i muscoli delle gambe e la pancia. In realtà non c'è nessun dolore, lo capisci anche tu, le cose dolorose sono ben altre (a volte necessarie anche quelle): sopraggiunge solo quel piccolo senso di fastidio (ma è poi proprio un fastidio? Quando la supposta comincia a sciogliersi non senti un certo frescolino che ti ravviva le viscere?), quello stimolo simile a quando devi fare la cacca, anche se leggero, e magari senti pure che sei lì lì che ti può scappare una scoreggina... è imbarazzante, lo so. Ma devi stare tranquilla, devi capire che è per il tuo bene. Passa tutto in fretta. Ma se non lo farai, il decorso della malattia sarà molto lungo. Con una bella suppostina invece, magari anche con tre o quattro se è il caso, i tempi saranno molto brevi. Hai la febbre da tre giorni. Anche se non ti senti molto bene, stai al calduccio sotto la tua bella imbottita, quindi sei tranquilla, serena, puoi sognare a tuo piacimento, sognare cose che, nel tram tram frenetico della vita di tutti i giorni, non hai molto tempo su cui indugiare. Invece, bella tranquilla sotto la coperta... in fondo anche il calore del corpo invaso dalla febbre è piacevole, quasi coccoloso. Il tuo medico ti ha prescritto le supposte, e una tua amica è andata a comperartele e te le ha portate a casa. Sono lì. Hai provato ad infilartene una da sola, ma non ci sei riuscita. Hai provato in tutte le posizioni possibili, stesa sul letto,ma non sei riuscita a farla entrare, le tue dita facevano fatica, eppoi avevi paura. Ti sei perfino accovacciata sul bidé, ma è stato peggio che andar di notte, perché lì, anche se entrava con più facilità, com'è ovvio usciva subito dopo. Vorresti chiamare la tua amica in soccorso, in fondo potrebbe pure essere eccitante, ma lei non è reperibile, il suo cellulare è spento e non hai la più pallida idea di dove potrebbe trovarsi. Non sai a chi rivolgerti ma... sorpresa! Ti ritrovi tra le mani, come per magia, un biglietto da visita con numero di telefono e intestazione: Dottor Mistero – specialista in rapidi interventi a domicilio. Ci sono solo io, il Dottor Mistero, che può aiutarti a risolvere il tuo piccolo problemino. Non mi conosci, chi sarà mai questo Dottor Mistero? Ci sarà da fidarsi? Magari sarà un maniaco, ma la cosa potrebbe rivelarsi interessante... i brividi della febbre ti fanno fremere, ti accendono l'eccitazione, non sai come ti possa essere capitato quel biglietto. Chi te lo ha dato? Componi quel numero di telefono, mi chiami. Rispondo, e cerchi di spiegarmi il problema, ma non ci riesci. Riesci solo a dirmi che hai la febbre. Capisco, io ti dico, e sarò subito da te. Passano pochi minuti. Suona il campanello alla tua porta. Fai uno sforzo, ti metti la vestaglia, ti alzi dal letto e vai ad aprire...
    Tu apri la porta. Buonasera, mia bella signorinetta, esordisco io. Sono il Dottor Mistero, e non sono qua per caso. Presagivo che avrebbe avuto bisogno di me Sarò il suo medico, il suo infermiere, il suo confidente, per una sera. Non sono qui per caso. Le cose accadono, tutto accade. Ma bando alle formalità, ti darò del tu, come ti chiami? E ti porgo la mano, che tu stringi rimanendo perplessa. Mi dici di chiamarti Manu. Mi fai accomodare, mi chiedi se voglio qualcosa da bere, un caffè. Non disturbarti, bando ai convenevoli, sei malata, devi tornare subito a letto. Sono un medico dolce, ma inflessibile. Dunque, mi accennavi qualcosa al telefono circa delle supposte, ma non ho capito bene il problema.
    Oh, dottore, non so come dirglielo, mi vergogno alla mia età, ma non sono riuscita ad infilarmi una supposta, mi dici. Capisco, non c'è problema, son cose che capitano, ti dico. Mettersi delle supposte non è difficile, ma sopraggiungono inutili paure, qualcuno che aiuti può far comodo, in certi casi. Ma, dottore, vede, anche farsele mettere da altri mi fa paura, di sicuro è molto imbarazzante, specie da un uomo. Ma lei è un dottore, quindi spero di potermi fidare... spero faccia in fretta. La fretta è una cattiva consigliera, mia cara signorina, ti dico. Mi chiedi dov'è il posto migliore per procedere a questa piccola spiacevole incombenza. Il letto, rispondo, sicuramente il letto. Volendo ti puoi distendere anche sul divano, ma il letto è più comodo. Devi essere molto rilassata. Su, andiamo, mostrami la tua camera. È un po' in disordine, mi perdoni, ma sa, in questi giorni... Nessun problema, ti faccio per rassicurarti. Entriamo in camera.

    Ti sdrai sul letto sfatto, e ti adagi velocemente sul fianco sinistro, non hai il coraggio di guardarmi in faccia, e così messa mi puoi dare le spalle. No, così non va bene, ti devi mettere supina. Prima però riempirò una borsa termica di acqua calda, che ho qui dentro la mia valigetta, e te la farò mettere sotto il pancino. Vado in bagno e procedo all'operazione, avvito il tappo della borsa piena: pare essere bella calda. Torno in camera, tu ti sei messa sotto il piumone, perché senti freddo. Alzo e scosto il piumone, sei già a pancia in giù. Inarcati leggermente, ti dico, così mettiamo la borsa. La mia mano va sotto di te e solleva delicatamente la blusa del pigiama fin quasi all'altezza delle tette, lasciando la tua pancia scoperta, e tra questa e il materasso vi faccio scivolare sotto la borsa. Ti piace il dolce tepore che promana? La sensazione di scivolosa morbidezza su cui galleggia e affonda il tuo pancino premendo contro di essa? Infilo ancora la mano tra la borsa e la tua pelle, con le dita tasto e massaggio la zona attorno all'ombelico, prendi a tremare tutta, faccio scivolare il medio dentro l'ombelico. Sussulti, e mi fai: Dottore, ma lei non sarà per caso un tantino poco professionale? Dammi del tu. La mia professione è farti felice, che è il modo più autentico per ritrovare la salute, rilassati. Devo abbassarmi i pantaloni del pigiama?, mi dici. Tranquilla, ora lo farò io. Mica mi spoglierai tutta? Tranquilla, ti metterò solo a tuo agio. Mi siedo al tuo fianco, appena sotto il tuo sedere. Tiro pian piano giù i pantaloni lasciando le chiappe all'aria, poi afferro l'elastico delle tue mutandine di pizzo nere e le rivolto, tolgo via la striscia di stoffa che ancora aderisce in mezzo al solco. Hai le gambe ancora strette, intravedo appena il fondo della conchiglietta, della tua bernarda scura. La cosa mi eccita non poco, ma mantengo un atteggiamento distaccato. Comincio a sfilarti i calzettoni dai piedi. Un bel massaggio a questi bei piedini è l'ideale per rilassarsi, sussurro.
    Prima di iniziare il massaggio sarebbe però meglio che tu assumessi una posizione più idonea. Ecco, ti ho abbassato ancora di più i pantaloni e le mutandine, giù all'altezza delle ginocchia. Ora dovresti cercare di sollevare il sedere, ce la dovresti fare: punta le ginocchia contro il materasso, e portale più vicino che puoi ai gomiti. Protesti, ti senti in imbarazzo, ti porti le mani dietro la nuca e intrecci le dita. È troppo imbarazzante dici, poi ho ancora difficoltà, il pigiama mi impaccia nei movimenti. Allora facciamo una bella cosa, leviamo del tutto di mezzo questi pantaloni. Faccio scivolare via del tutto i pantaloni lungo i polpacci, li sfilo dai tuoi piedini con delicatezza, assieme alle mutande. Ti senti disarmata, completamente offerta. Hai paura, i brividi della febbre si mescolano a quelli del freddo. Ho già iniziato il massaggio ai piedi, che tieni ancora congiunti tra loro, alluce su alluce. Ribadisco perentorio che devi metterti nella posizione che ti ho indicato. Mi rispondi con un secco No, non voglio. Sei una bambina cattiva, così il dottore non può operare al meglio, così non guarirai. Dovrò ricorrere ai metodi di correzione, se ti ostinerai a non obbedire. Mugoli, piagnucoli, ed io con uno strattone, separo i tuoi piedi distanziandoli, divarico i polpacci che si congiungono a V con le ginocchia, che ti ostini a far rimanere serrate. Ah, ah, bambina cattiva! Se Manu non seguirà le istruzioni bisognerà che le sue chiappette belle e sode apprendano duramente la lezione! Ti do quattro belle sculacciate, due per ognuna delle natiche. Ahia ahia ahia, tu non sei un dottore, sei un brutto pervertito, queste parole sbava la tua lingua; ma mi accorgo, dalla macchia di umori che bagna le lenzuola e che intravedo appena far capolino dal tuo fianco destro, che anche quell'altra bocca che infiora e delizia il segreto delle tue cosce sta sbavando: non sbava di paura, ma la propria eccitazione. Rincaro la dose, altre quattro sculacciate. Ora il tuo culo porta ben stampata la traccia rossiccia, l'impronta della mia destra ampia e vigorosa. Esegui finalmente il mio ordine, spingi le ginocchia in avanti e sollevi il deretano. Ora allarga di più le gambe, solo un poco, basterà, per adesso, ti faccio io. Il tuo imbarazzo sta raggiungendo il culmine, anche il tuo viso si fa paonazzo (quella parte della guancia che riesco a intravedere, laddove la cascata dei capelli non nasconde la pelle), quanto le chiazze sul tuo culo. Ritorno a sfiorarti le piante dei piedi...

    Solletico i tuoi piedini, tu cominci ad agitarti, ti divincoli, ridi, ti inarchi e sollevi più in alto il culo. La borsa dell'acqua calda è ormai scivolata sotto le tue tette. Io sono terribilmente eccitato. Afferro i tuoi glutei, sono due pomi morbidissimi e vellutati che danzano tra le mie mani, e premendo coi pollici li divarico appena appena. Ora riesco finalmente ad intravedere il cratere piccino del tuo ano divino, che mi occhieggia timido e invitante. No no no, tu mi dici, non voglio, è troppo umiliante! Concedo alle tue chiappe di tornare al loro placido riposo, le mollo. Dolce Manu, cosa c'è di umiliante nel mostrare ad altri il proprio corpo nella sua segreta bellezza, anche le sue parti più intime, anche quelle a torto ritenute sporche: umiliante è indossare le quotidiane brache e i belletti che il putridume borghese ci impone, tentando di persuaderci che queste maschere d'ipocrisia ci renderanno migliori, è allora che ci umiliamo, mentre ci consideriamo perfino felici. Ma il corpo nella sua giocosa e gloriosa nudità non è mai umiliato, parola del Dottor Mistero. Tu mi fai: oh, ti prego, mi sento indifesa, so di essere in tuo completo potere, sono troppo spogliata così, ho freddo, lascia che mi rivesta... Ti rimetterò i calzettoni, e le mutandine, ma per attenuare il tuo imbarazzo abbasseremo l'illuminazione di questa stanza, che è troppo forte... nella mia valigia ho giusto tre candele, dovrebbero fare al caso nostro, sarai più tranquilla, vedrai. Dispongo le candele in punti strategici, le accendo, spengo le altre illuminazioni. Ti rinfilo i calzettoni, prima il sinistro, poi il destro. Senza che tu te ne accorga annuso le tue mutande, le infilo in bocca, le succhio, assorbo i tuoi umori, il tuo odore di femmina, ruoto la lingua, ne impregno con la saliva la stoffa per tutta la lunghezza del cavallo. Tu sembri più tranquilla, quasi assopita, ti dico di sollevare un po' i piedi, prima uno e poi l'altro, le mutande scorrono e risalgono con una certa difficoltà lungo le tue gambe, che voglio lasci divaricate come sono, mentre l'elastico si forza, si allarga, fino a che la sua circonferenza non preme nuovamente il fondo delle natiche, ti solletica il principio del pube. Avrei una gran voglia di sfrugugnarti per bene tutta la passera, ma sono un tipo professionale, io. Estraggo dalla mia valigetta un flacone di gel lubrificante al cocco, comincio a cospargermi con un po' di lubrificante le mani e gli avambracci, il profumo del gel si spande intorno, tu annusi e fai: oh, Dottore, sniff, sai di buono. Prendo un paio di guanti al latex neri, li faccio scivolare lentamente lungo la mia pelle lubrificata, prima il sinistro, poi il destro. Mi chiedi cosa stia facendo, ma non rispondo. Srotolo fino in fondo ciascuno guanti, che mi arrivano all'altezza dei gomiti, essi aderiscono strettamente alla forma dei miei bracci, la loro lucentezza rifulge alla luce delle candele. Ho faticato non poco a trovarne un paio di questo modello che fossero della mia misura, perché il guanto di latex è più frequente come articolo femminile che maschile. Sei ancora inarcata, ma dici che non ce la fai più a rimanere in quella posizione, che ti stai affaticando, quindi disobbedisci e stringi le gambe. Adesso piccola ti rilasserai e aprirai di nuovo le gambe, ti dico, basterà un altro massaggio al pancino, che tra l'altro avrà l'effetto di preparare anche l'intestino a ricevere la supposta. Inizio a forzare la destra inguantata cercando di far passare le dita attraverso il valico angusto che le tue cosce stanno formando tra le mutande inzuppate e la figa, spingo, le punte delle dita sono quasi dall'altra parte ma rimangono bloccate, l'unghia del pollice di nero incappucciato ti preme contro il pube, tu lanci un lungo sospiro. Su bambina, su, apri queste benedette gambine, non c'è nessun pericolo ti dico. Tu prendi di nuovo a mugolare e a piagnucolare, do un colpo secco con il braccio e alla fine riesco a farlo passare fin oltre il gomito. La tua passera si ritrova per lunghi istanti involontariamente serrata nell'incavo interno al mio gomito, assorbita come da una ventosa che risucchi l'aria attorno, e il clitoride ne viene aspirato forzandolo ad uscire dal suo cappuccetto. La mia mano a tentoni riesce ad afferrare la borsa sotto di te, prendo a trascinarla di nuovo sotto la pancia aiutandomi anche con l'altra mano, non senza prima aver dato una toccatina alle tette, ma in modo del tutto professionale, sia chiaro. Ecco, ora la tua pancia sarà ancora stimolata dal calore della borsa congiunto a quello della mia mano. E così comincio di nuovo a roteare lentamente il palmo della mano luccicante e nera contro il tuo pancino, a tratti mi fermo e afferro tra le dita lembi di pelle e carne tremula, poi riprendo e la mano spinge in alto con sempre maggiore energia, e già che ci sono scendo col fondo del palmo fino al monte di Venere – quanto adoro sentire sotto la mano quel cuscinetto di femminea morbidezza! Punto ancora in avanti verso l'avvallamento dell'ombelico, vi faccio sprofondare l'indice ed il medio, con non chalance premo e strofino vigorosamente il lattice tra polso e avambraccio contro quello che intuisco essere il tuo clitoride. Tu rimani muta, impietrita, hai la faccia completamente spremuta contro il cuscino, forse lo stai mordendo. So che vorresti gemere, sospirare, abbandonarti al piacere, ma ti trattieni, ti trattieni sempre di più, finché alla fine giri un poco il viso verso di me e prorompi con voce rotta, calda e tremolante: Dottore, facciamola finita, infilami quella maledetta supposta, perché indugi? Ormai sono pronta, almeno credo. No cara Manu, non sei ancora pronta, ti devi rilassare ancora; comunque mi sembri più fredda, almeno lo è questo bel culetto (e ti mollo una bella pacca tra le due chiappe), forse è a causa della tensione e del timore, tra poco ti misurerò la febbre. Continuo la carezza guantata e rotatoria, il mio avambraccio insiste a strofinarsi sul tuo clitoride con sempre maggiore intensità, faccio fatica in quella scomoda posizione, il mio braccio è esausto, ma persevero. Da un lato la luce soffusa impedisce ai miei occhi di vedere molti dettagli, e dall'altro la guaina plasticosa che fascia la mia pelle ne limita la sensibilità, ma intuisco che la tua fessura si sta inumidendo, lo sento, lo voglio, so che il mio polso comincia a rilucere dei tuoi umori lubrificando il guanto, che si sta facendo scivoloso mentre l'avambraccio ruotando e spingendo ti friziona il pube, le grandi labbra e il clitoride. Mentre la destra prosegue la sua opera con meticolosità, poso la sinistra in mezzo al solco del tuo culo, con l'indice e l'anulare inizio a esercitare una lieve pressione per cercare di divaricare un po' le chiappe, mentre con il medio a tentoni cerco di trovare il buco affinché in esso vi ci possa tuffare. Allarga le cosce un altro poco e rilassa di più i muscoli del culetto, ché sennò non riesco a centrare bene il forellino, è giunto il momento di dedicarci alla sua adeguata preparazione. Mi infilerai la supposta?, domandi ansiosa. No, non ancora, dobbiamo prima allargare lo sfintere. Sbuffi impaziente, mi dici che non hai alcuna voglia di offrire ai miei occhi una visione (per me sublime e beatificante quanto nemmeno quella del culo di una Dea dell'oriente potrebbe offrirmi) migliore che violi ulteriormente l'intimità del tuo buchetto, ma so che stai mentendo, e facendo un altro sbuffo ti assesti meglio, ma di poco. Ancora un altro po', ti faccio io. Esegui e mugugni. Ecco, non vedo bene (sono in estasi e quasi febbricitante anch'io, ma mantengo il mio contegno distaccato e attento), ma credo che il dito stia finalmente bussando all'ingresso, pian piano ve comincio ad affondare una minuscola porzione. Lanci un Ahiah!, fai un fremito con le labbra, e con uno strattone ti ritrai di colpo. Oh, scusa, son corso troppo, dovevo essere più delicato. Questo ti dimostra che non sei ancora pronta. Ti informo che sto per prendere un po' di lubrificante, quello al profumo di cocco che prima hai annusato e che ti era così piaciuto, e te lo stenderò prima tutto intorno al buco, e poi anche un po' dentro. All'inizio sentirai un po' di frescolino, poi una piacevole sensazione di calore...
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    Interrompo ogni manovra sul tuo corpo, prendo il flacone del gel lubrificante, ne faccio colare un poco sull'estremità della sinistra, inizio ad imbrattarmene con cura la punta dell'indice e del medio, ci gioco ripassandoli per bene ad uno ad uno col pollice. Sono seduto dietro di te, Manu, e ho davanti il tuo bel sedere. Piano, strisciando sul mio bacino, torno ad infilarmi in mezzo alle tue gambe, sollevo il tuo polpaccio sinistro e me lo poggio in grembo. Riprendo la mia opera. Per meglio procedere abbasso le mutandine ancora più giù, sono solo un intralcio, ma hanno il vantaggio di serrarti le gambe. Intrufolo nuovamente il braccio destro valicando ancora i bastioni molli ma tesi delle tue cosce generose, ora il varco pare più indifeso, sono come un intruso discreto ma rapace, il lattice prima così deliziato dai tuoi umori scivola lento con decisione, finché d'improvviso ti afferro dolcemente il ventre e tu trasalisci, gemi, emetti un sibilo che subito soffochi. Poi ti sfioro l'ano con la punta delle due dita deputate all'unzione misericordiosa, trasalisci nuovamente avvertendo d'improvviso una sensazione che suppongo per te essere nuova. Adesso prendo a far girare l'indice attorno a questa circonferenza tanto preziosa, delicata e cara, lo faccio scorrere, per umettarli in modo adeguato, lungo i confini periferici della tua rosetta, ancora così ben serrata da non permettere nemmeno il passaggio di uno spillo, tutta corrugata e raggrinzita, pudibonda e timorosa. Ti faccio notare che sei troppo stretta, che così non va, ti devi rilassare, andrà tutto bene. Do inizio al primo giro con un movimento circolare studiato. Un giro, due giri, tre giri, quattro giri, cinque giri... accarezzo i contorni del tuo bocciolo con la stessa premura che userei quando accarezzo la mia adorata gatta siamese. Dapprima senti solletico, lanci qualche risolino, poi cominci a rilassarti, mentre sulla zona anale cominci ad avvertire lievi e piacevoli onde di calore, più intense della febbre stessa. Il buchino ora all'intorno ora è bello umidiccio, brilluccica riflettendo la luce soffusa, mentre più in basso la tua figa sta sbrodolando tutta, ora lo vedo, lo avverto con chiarezza, vedo l'interno delle tue cosce farsi sempre più umidi, vedo un filino del tuo umore precipitarsi giù dalla fica fino al mio avambraccio, dove riluce ed accende di lussuria la nerezza del lattice, e da lì cola fino a bagnare le lenzuola, posso conoscere il tuo aroma di femmina che si fa intenso e forte sotto le mie narici. Si può provare finalmente ad inserire il dito, a violare il pertugio. Tolgo il braccio che stava sotto di te, e con un gioco delle dita torno ad allargarti ancora il solco di pesca che custodisce geloso il tuo orifizio proibito, terrò ferme in tal modo le mie dita e le tue chiappe, e intanto con l'indice sinistro impiastrato di lubrificante darò inizio all'intromissione. Come prima, cerco di affondare solo una puntina, per cominciare. Forzo, l'adito è molto stretto, spingo. Piano, piano, tu mi sussurri. I muscoletti del tuo sfintere si serrano, si avviluppano tenaci tutto attorno alla guaina molle e scivolosa di latex, intrappolano e bloccano l'estremità del mio dito per qualche istante. Rilassati, rilassati, ti faccio. Per uscire dall'impasse devo spingere con decisione. Subito il dito si sprofonda fino alla nocca, e tu gridi No no no. Estraggo rapido il dito, e il tuo buco si restringe ritrovando la sua tranquillità, ma lasciando aperto un minuscolo spiraglio nero. Rituffo di nuovo il dito, prima procedo piano poi giù duro, e stavolta lo affondo oltre la nocca, fin quasi alla radice – scivola via che è un piacere. Tu sei nel panico, ed emetti un suono che mi pare tra il lamento e lo stupore, un Aaaahiii Oooooh, e poi dici No no no no! Ancora rapidamente tiro fuori il dito, e ricomincio. È di nuovo un Aaaahiii Ooooh No no no quello che mi fai. Ah, ah, bambina indisponente! i culetti delle bambine come te vanno educati con severità, per farli sciogliere! Così inizio a sculacciarti, con la destra alterno, passo tamburellando da una chiappa all'altra, colpi secchi e fuggevoli. Il tuo culetto si ravviva ancora, si fa rubicondo e striato mentre le chiappe schioccano, fanno una melodia allegra e molto armonica, ed ora il lamento che emetti con le labbra si fa solo un Ooooooh. Dopo il bastone la carota, o dolcetto se si preferisce, e con entrambe le mani guantate accarezzo lievemente quelle natiche tanto violate, le ripasso per bene alternando le palme al dorso, massaggio, e al contempo vi soffio, vi alito sopra come quando si voglia attizzare un fuoco appena acceso. Poi riporto la mano destra sotto di te, ma solo sulla figa, proseguo lì la mia carezza intima. Tu adesso divarichi molto le gambe, sollevi di più il culo, il solco delle chiappe si schiude in modo naturale, i muscoli dell'ano mi sembrano più rilassati assai. Accarezzo, accarezzo, accarezzo, vado su e giù, tra l'indice e il medio afferro il clitoride, lo titillo. E contemporaneamente riprendo ad infilare l'indice sinistro nel tuo buchetto, che senza incontrare resistenza scivola sempre più giù corazzato nella guaina del latex, lo faccio stantuffare ritmicamente, sempre di più dentro, fino alla sua radice. E tu alterni momenti di imbarazzato silenzio a stupiti Ooooooh. La mano che preme sulla tua passera scivola sempre meglio ad ogni passaggio, da ciò capisco che sei bagnatissima anche se attraverso la barriera del latex non lo posso chiaramente percepire. Continuo così a lungo. Ora è arrivato il momento di provare la febbre, ti dico. Interrompo il mio lavoro, scanso la tua gamba che è sopra di me e mi allontano. Non fermarti ora, ti prego; oh, ma che diavolo sto dicendo... mi fai. Prendo dalla valigetta un sottile termometro per bocca, ma andrà benissimo anche per il culo. Torno alla mia postazione. Faccio scivolare la lingua lungo il termometro e lo umetto per bene con molta saliva. Ferma così, brava... prendo la mira, e rapidamente affondo il termometro nelle tue interiora per un terzo della sua lunghezza, come fosse uno stiletto impietoso. Ah, è freddo, e che fastidio, trilli con voce squillante. Fastidio, fastidio, fastidio, continui a ripetere. Per attenuare il fastidio riprendo a manipolarti la figa, è così aperta che ci faccio scivolare dentro l'indice, mentre col medio premo forte sul clito con movimento circolare. Ansimi sempre più velocemente e affannosamente premendo la faccia contro il cuscino, con le mani ne hai afferrato i lembi e cerchi di schiacciarli verso la tua testolina. Io continuo, continuo compiaciuto, senza proferire verbo, finché non dico Adesso lo tiro fuori, e mentre dico questo inizi a tremare e a scuoterti tutta, fai sìììììììììì, sobbalzi prima con la schiena e poi con le chiappe, per qualche istante il tremore diviene come un'onda che ti parte dalla nuca, attraversa la schiena e le natiche e culmina potentemente lungo le gambe, cacci tre urli acutissimi di piacere. Lentamente sfilo fuori il termometro mentre ti protendi col culo verso di me. Il massaggio di prima e l'orgasmo che ti scuote adesso ti hanno stimolato le viscere, e il termometro ha fatto da tappo e compressore, appena questo è fuori il tuo ano si allarga un poco, si schiude ed emetti una prima scoreggina, sonora ma non troppo, poi ne fai una seconda, quasi silenziosa, lenta e molto gassosa, che va piano a smorzarsi investendomi in pieno. Poi il buchetto torna a riposo, raggomitolandosi tutto su se stesso quasi fosse impaurito. Oddio no, che vergognaaaa!!!, non doveva succedere, scusami, scusami, non volevo proprio... e infili la testa piangente sotto il cuscino, il tuo corpo crolla esausto, si accascia sfatto sul materasso. Oh, non ti preoccupare, tranquilla, son cose che possono capitare... faccio io con aria compassata e rassicurante per non metterti in ulteriore imbarazzo, ma non puoi sapere o capire quanto in realtà le tue flatulenze mi abbiano a tal punto attizzato, quanto quel frutto segreto, impudico e pungente, quel sottile odore che la tua più profonda interiorità ha distillato per farmene involontariamente dono, abbia potuto costituire per me un afrodisiaco più stimolante e inebriante di tutti i più dolci profumi floreali che vengono prodotti a Grasse.
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    Il mio uccello ormai è un toro furioso, per non farlo scoppiare devo farlo uscire discretamente fuori dalla patta, e così sguscia fuori sbilenco come un serpente infido, fa capolino attraverso l'apertura dal camice svettando in tutta la sua gloria, si protendende in alto, anelando smanioso e gocciolante la ricerca della propria soddisfazione: in quella posizione tu non te ne puoi accorgere, penso che alla luce delle candele non riuscirai a farci caso. Hai 36 e mezzo di febbre, solo mezza lineetta, il peggio è passato: sei sulla via della guarigione, sentenzio. Su, adesso dobbiamo mettere la supposta, se rimani stravaccata così sarà un po' difficile riuscire a farla entrare. Ufff... sono sfinita, non ce la faccio più, non riesco a stare ancora col culo sollevato..., mi fai tu con una voce bassa e flautata che è indizio d'intimo appagamento. Mia dolce Manu, ancora un piccolo sforzo, e poi questo tormento, ammesso che lo sia, sarà finito. Sei completamente supina, ti tiro per le caviglie trascinandoti di lato verso il bordo del letto, per farti capire che devi muoverti e reagire al torpore, il ventre ti struscia sulla borsa termica che si aggancia alla blusa del pigiama facendo leva, te la fa scivolare lungo il busto lasciandoti con la schiena scoperta. Sfilo la borsa da sotto, ormai comincia a raffreddarsi, ti do quattro pacche sulla chiappa sinistra e ti dico: su su, sollévati, pianta le ginocchia sul bordo del letto e fa' sporgere 'sto bel culetto, ché deve prendere aria. Ti stiracchi, mugugni, ti divincoli poco poco, sbuffi, lentamente esegui l'ordine, il tuo culo comincia ancora a protendersi verso di me, appoggi la testa sulle braccia incrociate. Ancora un massaggino sulle chiappe, poi ti infilerò la supposta, ti dico. Prendo a solcarti coi polpastrelli la pelle dei glutei, li impasto, li allargo e li stringo. Mi accosto di più, e prendo a strusciarvi addosso la cappella rigonfia, lungo il frenulo avanti e indietro, che così si aggiunge alla pressione delle mie mani. Ora ci sono tre appendici che frugano avide la superficie del culo, chissà se te ne stai accorgendo? Perché tu non te ne accorga troppo faccio scorrere il frenulo lungo il tuo solco accostandovi ai lati i polpastrelli dei pollici, con un movimento sincronizzato. Evito accuratamente di avvicinare più di tanto l'uccellino all'ingresso della fica, sennò ci sarebbe il rischio che il birbante ci vorrebbe volare subito dentro. Prendo il cuscino. Lo mettiamo sotto la pancia, così, e avrai il massimo del comfort, ti dico, tienilo stretto serrato tra la pancia e le ginocchia. È meglio se farai così ogni volta che devi metterti una supposta e sarai sola. Faccio colare ancora due gocce di gel al cocco direttamente sul tuo buchino. Come avrai ben capito anche de sola, una lubrificazione preparatoria della zona è sempre altamente raccomandabile, ti spiego. Sei di nuovo in tensione, sei più rigida di un manichino di legno, penso tra me che probabilmente sei paralizzata, oltre che dalla paura della supposta, dall'idea che messa in quella posizione corri il rischio di mollare qualche altra scoreggia. Sono indeciso se palparti ancora la fica, ma forse sarà meglio farlo dopo, quando la supposta sarà entrata. Estraggo dal mio materiale una confezione di supposte. Queste sono speciali, quelle che tieni tu qui non vanno bene, spiego. Apro la confezione, strappo l'involucro di alluminio, la prima supposta scivola sulla mia mano. Come l'uomo nero negli incubi dei bambini sono dietro di te. Sei pronta?, ti chiedo. Ssss... sssììì, biascichi piano, ma so che stai mentendo. Non ti ho detto, preventivamente e a bella posta, che queste mie supposte sono un po' più grandi di quelle ordinarie. Stringo tra il pollice, l'indice e il medio destri quel ferale proiettile, con la punta rivolta giù in basso, puntando l'obiettivo che dovrà essere il suo bersaglio. Mi avvicino pian piano, la mano si poggia sul tuo soffice culo, come al solito mi servo dell'altra mano per allargare. Tu fremi, mi dici aspetta, aspetta... ma io non ti ascolto, procedo. Punto la supposta al centro del tuo minuscolo cratere, esercito una delicata pressione. Che meraviglia quel piccolo oggetto (ma neanche poi tanto...), quell'ogiva di molle glicerina che si fa artificiale fallo mentre inizia a deflorare il tuo superbo culetto, quale delizia migliore per la mia vista!!! Entra, io mi fermo e indugio, perché quest'oggi mi sento un po' sadico. Sposto la sinistra e comincio a tastarti la fica, tu resti immobile in preda ad un muto terrore, la mia mano è come una coppa pronta a ricevere la tua calda umidità, col medio ti punzecchio il clitoride. E intanto la supposta scivola dentro come in una lenta agonia. Il tuo ano si infossa come se volesse risucchiarla dentro, palpita e si contrae, e dato che come ho detto oggi sono un po' sadico, io la tengo e la trattengo ancora stringendola per l'estremità. Mi sento sadico e cattivello, ed è per questo che ti dico solo adesso: questa supposta è più lunga di ben 5 centimetri rispetto a quelle normali... il culo sbianca al posto della tua faccia, sollevi i polpacci e rimani con i piedi in alto, con gli alluci serrati dietro e attorno alle mie ginocchia. Nella penombra della stanza rischiarata dalle fiammelle delle candele è calato un silenzio raggelante. Lascio andare la supposta, che incoraggio ad entrare con una piccola spinta, mentre il tuo culo la divora con riluttanza, e subito vorrebbe cominciare a vomitarne una puntina. Ma io la ricaccio dentro con cura, spingendo col dito che affonda dentro. Tormento a tutta forza la vulva e il clito. Ecco, ti domando, mi pare che sia entrata, tu che dici? Be', credo... spero... mi farfugli. Rilassati, abbassa i piedi ma rimani ancora in posizione. Tolgo il dito. Ma così temo che uscirà, mi dici. Oh, aspetta, ti dico, ora ti stringo un poco le chiappe. E con le palme delle mani serro il tuo culo come se dovessi chiudere delle tende, ma con più energia. Buona buona buona... fatto? Sei tranquilla? Biascichi piano e sommessamente un prolungato sì. Non ti muovere, resta così. Mi scanso un poco per un momento, estraggo dalla stagnola un'altra supposta. Che fai? non vorrai mica... Sì piccola Manu, qui ci vuole subito un'altra suppostina, è per il tuo bene. No, nooo, non voglio, bastaaa... Piagnucoli, ti stai per spostare, fai due passi carponi sulle ginocchia, ma ti afferro per i fianchi, e ti dico dolcemente: non aver paura, hai visto che prima non ti è successo niente; su, fai la brava, vedrai che così ti passerà tutto. Rimani così, bene bene...
    Ancora un po' di lubrificante... ecco così, ancora un attimino... zac! La seconda suppostina (ona) comincia anch'essa a farsi largo nei meandri delle tue interiora, affonda perfida nel buchetto. Lasciati andare, brava, entrerà meglio... Quel pezzetto di bianca glicerina si sta avviluppando nel gel che circonda il tuo buco. E ancora sono lì a lavorare sulla tua bernarda, frugo, impasto, manipolo vorace, e intanto la nuova supposta sparisce dentro di te, e tu fai No, no, no, piano, ahhh... Cala qualche istante di silenzio. Tu stringi le gambe e serri la mia mano che continua a premere contro il tuo sesso fradicio, mugoli piano. Io forzo la mia mano intrappolata, continuo ritmicamente a fare avanti e indietro e mi sento come un cucchiaio che voglia affondare in un budino un po' duro, incalzo ostinato attraverso la strettoia in cui mi stai piacevolmente costringendo. Col pollice trovo il varco per scivolarti dentro, tu trasalisci, sei colta da un brivido. Il tuo culo sembra aver assorbito ben bene anche la seconda supposta. Hai afferrato di nuovo il cuscino e te lo sei portato sotto la testa, ci stai languidamente sprofondando. I tuoi occhi credo siano socchiusi, sei come una gattina che fa le fusa. Improvvisamente cacci in alto il tuo piedino sinistro che per poco non mi colpisce sul mento, e rimane bloccato sul mio petto. Io lo afferro, aiutandomi con i denti e la mano libera prendo a sfilare il calzino, un po' goffamente. Una volta riuscito a denudare il tuo piede me ne porto l'alluce in bocca, comincio a succhiarlo con voluttà. Tu languisci, mugoli, prendi ad ansimare al ritmo del mio pollice che ruota e tasta dentro di te imperterrito, mentre con l'indice titillo il clito. Ansimi sempre più forte, i brividi e gli spasimi corrono lungo il tuo corpo, sei di nuovo vicina alla soglia del godimento. E raggiungi quell'apice gemendo forte, mandando fuori una serie di brevi urletti, indizio estroverso del tuo secondo orgasmo. Ancora ti accasci lungo il letto. Ti giri per un fianco, ti rannicchi e ti porti le mani allo stomaco. Mi fa male la pancia, dici. Oh, piccola, è normale con le suppostine che hai preso. Sta' un poco così, adesso ti copro. Stendo il piumone sopra il tuo corpo. Tra poco darò un biscottino speciale che calmerà i tuoi languori... Mi metto dietro di te, inizio a carezzarti le spalle, la nuca, sui capelli. Tra poco darò un biscottino speciale che calmerà i tuoi languori... ti sussurro...

    P.S. Il racconto è incomleto, mi manca l'ispirazione per proseguirlo... :(

    Edited by Alan Turing - 28/1/2011, 23:50
     
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  2. myredshadow
     
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    sono sincera.... non sono riuscita a leggerlo nella sua completezza...
    forse un po'.. sfrondato sarebbe stato più godibile..
    però.. tosto... ;)
     
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  3.  
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    è lunghissimo!!! devo prendermi un po' di tempo ^^"
     
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  4. Salvos887
     
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    Lunghissimo...lo rileggerò con calma appena ho più tempo...dalle prime righe comunque sembra interessante! ^_^
     
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  5. perizoma
     
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    non sono riuscito a leggere nemmno una riga, ho molta voglia di vivere, però il titolo è divinoooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo
     
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  6. In Venere veritas
     
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    concordo, sarebbe da sfrondare, o magari da proporre a puntate. cmq molto ben scritto. mi ricorda le cose migliori di pierre louys.
     
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    Non c'è cielo a ridondare in un luogo lontano, come l'emozione di un uomo diverso ma con la stessa sostanza - che l'attraversa.

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    Ma siamo tutti pigri? :P
     
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  8. myredshadow
     
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    ..hehehehe.... :(girl):
     
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    è la formattazione che scoraggia...
    e oltre tutto è pure incompleto
     
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    Non c'è cielo a ridondare in un luogo lontano, come l'emozione di un uomo diverso ma con la stessa sostanza - che l'attraversa.

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    Però questo racconto ha un certo successo tra i visitatori, nel senso che ha più di 1000 letture... Non chiedetemi come mai, so solo che molti ci arrivano tramite Google.
     
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  11.  
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    mah... sul mondo stiamo giusto discutendo su quanto sia importante in una narrazione la formattazione del testo. certo bisogna anche dire che sui forum, la formattazione va anche a farsi in parte benedire...

    cmq ritornando a noi,
    prometto che lo leggerò XD se almeno quelle 1000 persone commentassero...
     
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  12. In Venere veritas
     
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    l'ho riletto e ribadisco: delizioso.
     
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11 replies since 26/9/2010, 18:07   33680 views
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