Senza far rumore

Posted on 16/12/2010, 09:57

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Non c'è cielo a ridondare in un luogo lontano, come l'emozione di un uomo diverso ma con la stessa sostanza - che l'attraversa.

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Entrai senza far rumore. La vicina del secondo piano era rimasta sola quella notte, sola con i sui sessantanove anni e i panettoni delle visite di Natale, quelli delle pubblicità che continuavano a passare nelle pause di un patetico film.
Il nostro film era appena iniziato al terzo. Urtai l'albero col gomito facendo cadere la palla più in alto, quella di vetro, che cadde con una tragica conseguenza. “Non ti preoccupare” - mi sussurrò - “chiudi la porta senza far rumore”. Mi mostrò l'appartamento che aveva affittato da poco, con gli scrupoli di un inquilino appena arrivato, ma sapevamo entrambi in quale stanza saremmo andati a finire.
“Vuoi un caffè?”. Non sapendo cosa dire e non avendo mai avuto un grande spirito di iniziativa risposi annuendo. Bollivo già, prima dell'acqua che sembrava non voler proprio uscire. Bollivo al pensiero della prima volta che arrivava forte e insolita, come la nevicata di quell'anno. “Tieni” - mi disse - “Quanto zucchero ci metto?”. Bere quel caffè amaro non mi aiutò a mantenere la calma, ma pensò lui a tutto: “Che ne diresti se andassimo di là a farci due coccole?”.
Arrivati nella sua stanza non ebbi scampo. Il freddo del muro sulla schiena faceva da contrasto alla patata bollente che mi aveva messo tra le mani. “Ti piace?” - non risposi, non serviva. Non alzavo gli occhi dalla sua canottiera bianca (non che mi piacesse, ma era lì nel mezzo, tra le sue palpabre languide e il gioco di mani che agitava il piacere). Pensò di ricambiare il favore alzando la posta. “Ti piace?” - ripeteva. A quel punto lo pregai di fare piano perché mi faceva male, come se in quel momento fossi in grado di sentire il dolore.
“Vieni” - mi tirò sul letto - “Da dove vuoi iniziare?”. Non essendo di molte parole cercai subito di riempirmi la bocca, ma non era passato nemmeno un minuto quando cominciai a soffocare.
“Girati, girati...” - sussurrò al mio lobo - “E se ti fa male fermami”. Non avevo nessun intenzione di opporre resistenza, proprio nessuna, ma urlai da lì a poco dal dolore. Chiesi scusa e dissi che poteva continuare. Era il dolore a farmi finalmente capire cosa stava accadendo. Sì, stava proprio accadendo e ci pensai per un po', stringendo il suo piacere tra i glutei.
Bastò poi un cambio di posizioni a farmi dubitare della proprietà commutativa. “Sei venuto?” - chiese sorridendo”. Non potevo negare: la dimostrazione gli bagnava la pancia.
“Ora tocca a te” - sussurrò. Gli chiesi perché stava parlando a bassa voce. “Anche tu lo stai facendo” - disse ridendo - “Non vorrei far rumore, sai, per i vicini...”. Mi misi a ridere, ma ero nervoso e di nuovo con le spalle al muro. Era la mia volta e non sapevo da dove iniziare. Forse perchè avevo il (giusto) presagio che dà lì a poco il primo fuoco d'artificio di quel Natale avrebbe fatto cilecca.
Rimase male. Rimase male quanto quel bimbo del pian terreno che aveva ricevuto il regalo sbagliato e che sentivo piangere, uscendo di casa, senza far rumore.

SPOILER (click to view)

1. Ogni riferimento a persone o a fatti accaduti è puramente casuale.
2. Spero di essere riuscito a rompere il ghiaccio.
3. E' il mio secondo racconto, abbiate pietà di me.

Edited by Alan Turing - 3/1/2011, 18:33

Web

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In Venere veritas

Posted on 16/12/2010, 10:04

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User deleted

molto dolce, diverso dalle tue poesie. quasi romantico.
mi stupisci

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Noein

Posted on 19/12/2010, 21:00

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